«Non più di otto anni in Consiglio federale»

Nachstehend das aktuelle Interview mit der Cooperazione, der italienischsprachige Ausgabe der COOP-Zeitung. Für einmal ist Alles auf Italienisch!

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Il noto politologo e sondaggista ci parla delle prossime elezioni al Consiglio federale, del ruolo dei media, di possibili riforme.

Cooperazione: Si è temuto che il parlamento dovesse affrontare due elezioni al Consiglio federale in due sessioni successive. Ora tutto è chiarito, i due ministri saranno eletti in settembre. Se l’aspettava?
Claude Longchamp:?No, fino all’ultimo momento non ci credevano neppure i due diretti interessati, i consiglieri federali Leuenberger e Merz. Per fortuna ora il processo è stato riportato su binari normali. Queste elezioni potrebbero marcare una cesura, un nuovo inizio per il governo. Sarebbe un segno di svolta importante rispetto alla difficile situazione vissuta durante le discussioni sul segreto bancario, quando sembrava che il governo si stesse spaccando.

Cosa ha indotto secondo lei Moritz Leuenberger ad anticipare le sue dimissioni?

C’è stata una forte reazione dell’opinione pubblica, trasversale a tutti i partiti. Credo che questa sia stata la causa principale. È anche questo indice di una presa di coscienza: i politici non sono individui che possono decidere da soli, operano sempre sotto lo sguardo dell’opinione pubblica. Moritz Leuenberger ha capito di potersene andare da uomo di Stato, facendo nello stesso tempo un favore al suo partito.

Sembra ci siano le premesse per un’elezione ordinata, senza troppi colpi di scena. Pensa che i partiti e i media sapranno cogliere l’occasione?
Oggi le elezioni al Consiglio federale sono al centro dell’attenzione mediatica. È una tendenza generale, nella nostra società; deriva in fondo da un bisogno di maggior trasparenza. In questo senso, non è in sé un fenomeno negativo. Ma può avere aspetti negativi, come si è già visto in passato. Il primo si manifesta in attacchi personali; tutti ricordano la campagna contro la socialista Christiane Brunner. L’altro è il tentativo dei media di dettare il nome dei candidati. È accaduto per esempio nel 1999, dopo le dimissioni dei due consiglieri federali Flavio Cotti e Arnold Koller. Al momento non vedo però segnali in questo senso.

Non si aspetta sorprese?

Dipende da cosa s’intende per sorpresa. Di fatto, ci sono due candidate favorite: Simonetta Sommaruga per il partito socialista e Karin Keller-Sutter per i liberali-radicali. La prima è molto popolare, la seconda è favorita soprattutto per motivi di politica regionale. Probabilmente ci sarà una discussione sulla presenza di cinque donne in governo. Nessun governo al mondo ha una quota femminile del 73%. A soli quarant’anni dalla concessione del voto alle donne, la Svizzera diventerebbe campione della presenza femminile in governo. Un fenomeno fantastico, anche dal punto di vista dell’immagine.

Si discute anche della rappresentanza della Svizzera italiana in governo…
Se guardiamo alla storia della Confederazione, non si può dire che la Svizzera italiana sia stata sottorappresentata. Prima e durante la guerra, per motivi di politica linguistica, la Svizzera italiana aveva un posto assicurato in governo. La situazione è cambiata con la formula magica. La Svizzera italiana deve comunque accettare di essere una minoranza. E imparare che per avere successo, una candidatura deve essere sostenuta da un partito forte e preparata per tempo.

Che ne pensa dell’idea di fare eleggere il Consiglio federale dal popolo?

Sono un avversario dichiarato di quest’idea. Non farebbe che aumentare la mediatizzazione della politica e le tendenze individualiste all’interno del governo. Io avrei un’alternativa: limitare a otto anni il mandato dei consiglieri federali, riducendo anche le possibilità di dimissioni prima della scadenza del mandato.